La storia, come molti saperi umanistici, oggi è spesso giudicata superflua: un lusso che le società orientate al futuro possono non concedersi. La domanda «a che serve la storia?», viene quindi posta da più parti in modo spesso aggressivo; e trova, in prevalenza, risposte insoddisfacenti. La storia, dovrebbe “servire” come docente o magistra, ma non si può pretendere che il passato ci permetta di predire il futuro. La storia con un uso deformante e viziato, è piegata a legittimare i poteri esistenti. Possiamo semplicemente ammettere che la storia non «serve» a scopi immediati e strumentali ma, come altre importanti attività umane tra cui il gioco e le arti, è una risorsa indispensabile per la nostra specie
Podcast
Dentro la storia
Dentro la storia è un podcast scritto e presentato da Peppino Ortoleva. È una riflessione aperta e critica su una forma di sapere antica, che molti giudicano oggi poco utile, ma che continua a rivelarsi essenziale, per la formazione delle persone e per il loro orientamento nel mondo. In una conversazione fluida e riflessiva, chiedendo aiuto a scrittori e poeti, storici antichi e recenti, si discute del significato della Storia, delle sue potenzialità, dei limiti e di quali regole occorre rispettare quando si fa ricerca sul passato, scoprendo il posto che la storia occupa, a volte senza che ce ne rendiamo conto, nella nostra vita. Il podcast è prodotto da Fondazione Dalmine, la cura editoriale è di Astrid
Serughetti, il Sound Designer è Francesco Dini.
Il podcast contiene suoni generati con Intelligenza Artificiale.
Tutte le puntate
1. A che serve la storia?
2. Storia: viaggio dentro una parola
Tra le molte definizioni di storia che sono state date, due appaiono particolarmente calzanti. Una parla di «scienza dell’umanità nel tempo», l’altra di storia come «racconto vero». In effetti il racconto è un aspetto essenziale di questa forma di sapere, perché raccontare e ascoltare “le storie” è proprio il modo in cui la nostra specie, fin dall’infanzia, impara a fare i conti con le proprie esperienze, e a collocarle in quel tempo di cui scopriamo, molto presto, l’irreversibilità. Ma la storia è diversa dalle altre narrazioni perché ambisce, per quanto possibile, alla verità
3. Che scienza è la storia?
A differenza di molte altre scienze la storia non ha un linguaggio tecnico e, non enuncia leggi generali. Sulla base di queste differenze, c’è chi ha negato la sua stessa scientificità, e c’è chi ha chiesto alla storia di “normalizzarsi” assumendo il modello di altre forme di sapere. Ma la storia ha un suo proprio metodo, non meno rigoroso. Deve rispettare le fonti, il modo di analizzarle, deve essere aperta alla verifica critica e a letture sempre nuove. Lo studioso deve fare attenzione a non farsi condizionare dalla sua appartenenza nazionale, o ideologica, dalle sue simpatie e dalle sue stesse emozioni. Il rispetto di tali regole è garanzia di una ricerca accurata e onesta della verità.
4. Il vero e il falso
Non occorre solo seguire una ricerca rigorosa, è necessario, anche, tenere conto degli errori in cui si cade più facilmente, per riconoscerli ed evitarli. Sono, per esempio, l’anacronismo, ovvero la tendenza a collocare fatti, eventi e tendenze in un tempo e in modi di pensare che appartengono a epoche diverse dalla loro. Oppure il fraintendimento, che può essere causato da errori concreti, come la cattiva lettura di un documento, o dalla pretesa di comprendere senza riflessione e mediazioni le parole dei nostri simili. Sono errori da cui dovrebbero guardarsi gli storici, ma anche chi storico non è, perché spesso influenzano il modo in cui il passato viene percepito e discusso dalla società nel suo complesso.
5. Per la critica delle fonti: come non farsi ingannare
Tra le deviazioni più gravi che affliggono sia la storia in quanto scienza, sia la conoscenza del passato diffusa in pubblico, ci sono i documenti male interpretati, e quelli decisamente falsi. Si può dire che, anche se l’antichità ci ha dato storici grandissimi come Tucidide o Tacito, la moderna storia scientifica sia cominciata quando l’umanista Lorenzo Valla provò la falsità della Donazione di Costantino. Ma casi di documenti falsi o male interpretati hanno attraversato il Novecento, e oggi circolano numerosi nella rete.
6. Per la critica delle fonti: l’autentico e il veridico
Ci sono aspetti che accomunano l’indagine storica a quella dei detective di tanti polizieschi: il cercare indizi che portino a una ricostruzione veritiera ed esauriente, il muovere dagli eventi alla ricerca delle cause. Ma il lavoro dello storico è assai più complesso, e la sua ricerca non è mai chiusa una volta per tutte. Perché la «verità» che si ricava delle fonti può essere stratificata e perfino contraddittoria. Esistono documenti autentici che però non dicono la verità, come le confessioni strappate con la tortura, mentre ci sono fonti false che, se studiate con intelligenza, rivelano informazioni importanti.
7. La storia nel tempo. Date e calendari
Non sempre il tempo è stato calcolato in numeri. Ci sono forme di datazione che usano altri criteri, come la successione dei sovrani o il riferimento ad alcuni eventi reali o leggendari. Ma indicare i giorni, i mesi, gli anni con la precisione che il linguaggio matematico può dare è un’esigenza antica e radicata, anche per motivi giuridici e organizzativi. La storia in quanto scienza ha bisogno di precisione e la datazione è un suo strumento essenziale. I calendari, però, non sono oggettivi e neppure sempre uguali. Hanno anch’essi una storia.
8. Cronologie e periodizzazioni: orientarsi nella storia
La storia si serve delle misure del tempo, per collocare con precisione gli eventi, per datarli. E deve tenere conto di come queste misure sono cambiate. Ma la storia ha bisogno anche di periodizzare, di includere gli eventi e le realtà di cui parla in fasi non strettamente tecniche, ma appunto storiche, legate ai maggiori mutamenti nella vita umana, nelle società, nella politica. Produce così, e al tempo stesso usa, le cronologie e le periodizzazioni, che possono esse stesse variare (col tempo e a seconda delle prospettive) ma le sono essenziali.
9. Il tempo dei fatti o il tempo dello storico?
Il tempo della storia è, inevitabilmente duplice: quello dei fatti e quello di chi li ricostruisce, Sorge quindi la domanda: come si conciliano queste due temporalità? Nella filosofia del Novecento è emersa una risposta, suggestiva e drastica: tutta la storia è “contemporanea”, a contare veramente sono la sensibilità e il punto di vista di chi la narra. In questo modo però, si rischia di appiattire quel viaggio nel tempo che è uno degli aspetti essenziali e più affascinanti, della ricerca storica.
10. Viaggiare nel tempo
La storia è una delle più antiche tra le scienze anche perché risponde a un’esigenza essa stessa antica e radicata: fare i conti con lo svolgersi irreversibile del tempo, che porta con sé la minaccia dell’oblio. Il viaggio dello storico, a ritroso rispetto al fluire inesorabile della vita e delle cose, ha un compito di preservazione ma anche di riflessione critica, ed è parte della consapevolezza che l’umanità ha di se stessa. Che rapporto ha la storia con quella facoltà, che pure viaggia a ritroso, che chiamiamo memoria? Se ne può considerare per un verso la continuazione, per un altro un correzione critica, per un altro, ancora, un rafforzamento selettivo.
11. La storia a scuola
Il dibattito tra chi sostiene che l’insegnamento della storia a scuola significhi tempo sottratto ad apprendimenti “più utili” e chi al contrario afferma che, semmai, la si insegna troppo poco, non è nuovo, ma ha attraversato tutti gli ultimi cento anni. Se ci chiediamo, però, quanto dureranno le competenze pratiche, così indispensabili oggi, comprenderemo quanto sia importante, per adattarsi ai possibili nuovi cambiamenti, sapere ragionare sui mutamenti e le continuità. E se ci chiediamo quali conoscenze di base servano per sapere utilizzare le informazioni in rete senza farsene travolgere comprenderemo alcuni dei significati che oggi può avere l’insegnamento della storia.
12. La storia in pubblico
Guardiamoci attorno con attenzione e ci accorgiamo che la storia, con i suoi nomi, le sue date i suoi racconti, ci circonda. In inglese viene chiamata public history, e ci ricorda, con la sua stessa presenza, il bisogno di passato da cui sono animate le società. Non sta ristretta nelle sedi della ricerca scientifica e dell’insegnamento ma la troviamo nella toponomastica e e nei monumenti, che costruiscono nel loro insieme una narrazione complessiva, ispirata spesso ai racconti fondativi della storia nazionale.; la consumiamo sotto forma di fiction o di divulgazione. e dà vita a una vera e propria galassia di forme di conoscenza del passato.